WOW FASANO!
Jannacci cantanto da Elio nella natura del Parco Lama d'Antico
Il primo appuntamento della rassegna 'Teatro sotto le stelle' del cartellone WoW!Fasano ha visto protagonista il poliedrico Elio con il genio compositivo di Jannacci
Fasano - “Ci vuole orecchio” è il nome di uno spettacolo coraggioso e coinvolgente che ieri sera, 22 luglio, ha deliziato il numeroso pubblico convenuto nel Parco Rupestre Lama d'Antico, accorso in territorio fasanese dai paesi limitrofi, come evidenziato dai tanti dialetti che si sono incrociati nei minuti d'attesa prima dell'inizio dello spettacolo. L'evento era stato inserito nel cartellone della rassegna di prosa “Teatro sotto le stelle”, realizzata con il Teatro Pubblico Pugliese e rientra nel più ampio cartellone "Wow!Fasano" promosso dall'amministrazione comunale.
Ad interpretare la musica e l'arte stravagante di Enzo Jannacci è stato Elio e non era possibile scegliere di meglio. Molti avranno conosciuto l'arte e l'intelligente ironia di Stefano Bellisari, in arte Elio, tramite le sue recenti e fortunate partecipazioni ai programmi televisivi “Propaganda” di Diego Bianchi e “Lol – Chi ride è fuori”.
La storia del cantante e musicista – 60 anni il prossimo 30 luglio – arriva però da molto lontano, esattamente dal 1980 quando fondò gli Elio e le Storie Tese, gruppo che ospita tra i migliori musicisti del panorama italiano. Elio è personaggio eclettico ed è difficile relegarlo al semplice ruolo di cantante degli “Elii”. È diplomato al conservatorio, ha lavorato in tv in programmi molto popolari ma è anche interprete di spettacoli di estrazione classica. Ha doppiato film, è stato attore e ha lavorato in radio, a teatro e ha scritto libri e tanto altro ancora, un curriculum lunghissimo ed eterogeneo ma che rende l'idea della poliedricità di questo incredibile artista.
Le strade di Elio e di Enzo Jannacci sembrano destinate ad incrociarsi e non solo per alcune somiglianze tra i due “personaggi”. Come ha raccontato di recente Stefano Bellisario, Il padre di Elio era compagno di classe di Enzo Jannacci, per cui la sua musica lo ha accompagnato sin da bambino. C'è un altro importante punto di contatto tra Elio e Enzo. Nonostante le origini, Elio sembra interpretare la voce perfetta della 'milanesità' cantata da Jannacci. I due artisti non sono dei lombardi 'purosangue': Jannacci aveva padre milanese e madre pugliese, mentre nelle vene di Elio scorre sangue marchigiano e abruzzese. Scomparso nel 2013, nonostante il successo televisivo a cavallo tra gli anni Sessanta e Ottanta, Jannacci è stato un artista di culto, di nicchia, che ha composto e interpretato oltre a motivetti popolari alcune canzoni molto belle e a tratti struggenti. Nel corso della sua lunga carriera ha cantato non solo la sua Milano e i tanti personaggi che la popolavano ma grazie a questi profili umani anche le nostre vite quotidiane, le parole, i pensieri, gli incroci del nostro percorso quotidiano, che risultano tristemente valide e descrittive della nostra esistenza.
Questo spettacolo ha il merito di recuperare il profilo artistico di Jannacci, stimolando la nostra curiosità a riscoprire e valorizzare le sue canzoni. L'apertura dello spettacolo spetta a “Saltimbanchi” (da “Fotoricordo” del 1979), legata senza interruzione a quello che è uno dei pezzi più famosi di Jannacci, “Ci vuole orecchio” (dall'album omonimo del 1980), che ha dato il nome allo spettacolo. A ruota Elio recita un passo di tratto dal libro “Momenti di trascurabile felicità” di Francesco Piccolo. È il prologo per la scanzonata “Silvano”, sempre dall'album “Ci vuole orecchio”, che rallegra i presenti. Ogni canzone di questo spettacolo si intervalla con un intervento recitato da Elio, che raccoglie a piene mani dalle felici penne di Michele Serra, Marco Presta, passando per Dario Fo e Umberto Eco, sottolineando con intelligente ironia quello che Calindri avrebbe definito il “logorio della vita moderna”, che va combattuto questa volta non con il famoso amaro al gusto di carciofo ma con intelligenza e quella piccola dose di follia, tipica degli artisti. Elio gestisce questi intervalli che legano le canzoni con bravura, coadiuvato dai suoi giovani musicisti, capaci di intervenire nelle parole del racconto con i loro strumenti con delicatezza ma anche con intelligenza creativa. La quarta canzone della serata, che ripropone la chiave jazz della sua versione originale, è “Sopra i vetri”, con la sua storia colma della tristezza e del senso di vuoto di un amore finito. È un brano con testo di Dario Fo e musica di Fiorenzo Carpi, proveniente dall'album “Enzo Jannacci in teatro” del 1965. Dallo stesso disco viene tratta la successiva “Aveva un taxi nero” (già nello spettacolo “I sani da legare” di Dario Fo del 1954). L'intervento in versi che segue racconta la storia di una scritta sui muri di Lambrate, che ha molto divertito i presenti. La verve comica di Elio è tale che, con mimica apparentemente inespressiva e piccoli movimenti del corpo, come i suoi celebri accenni di danza che hanno fatto scompisciare gli spettatori televisivi di “Lol – Chi ride è fuori”, è capace di scatenare un'ilarità contagiosa. Il foglio di scaletta segnala “La luna è una lampadina” (sempre firmata dalla coppia Fo-Carpi e sempre risalente agli anni Sessanta) e poi “T'ho compraa i calzett de seda” del 1964, della coppia Jannacci-Fo. Esilarante il siparietto che ha anticipato la canzone successiva, “Armando”, quando Elio è diventato irresistibile nel proporre l'interpretazione di un pezzo scritto da Umberto Eco per l'Espresso nel 2000, dedicato al libro “Hocus Pocus” di Kurt Vonnegut e basato sul diverso uso che è possibile fare del turpiloquio. Il monologo successivo, dedicato alle “scarpe da ginnastica”, è il gancio perfetto per la celebre marcetta “El portava i scarp del tennis”, suonata a velocità stratosferica dai bravi musicisti, con la susseguente “Faceva il palo (nella banda dell'Ortica)”. Porta emozione “Son s'cioppàa” (da “L'importante” del 1985), quasi recitata e intrisa di poesia, con quelle immagini di questo sbandato che si muove tra panchine, fumo e povertà, indigenza e desiderio di amicizia tipici degli emarginati, destinati a una vita senza storia e senza futuro. Le emozioni continuano con “Parlare con i limoni”, dall'album omonimo del 1987, che Jannacci aveva dedicato a Luigi Tenco (non a caso nel testo canta “al mio amico Tenco non gli han fatto vedere neanche i limoni”). Chiude il concerto “Vivere”, una canzone del 1937 che è anche un felice manifesto di vita, che Jannacci interpretò nel 1976 nel disco “O vivere o ridere”.
Ovviamente il pubblico si aspetta il bis e così la band ripropone generosamente “Ci vuole orecchio”. I sei musicisti salutano i presenti dal palco con la colonna sonora di Enzo Jannacci e la sua celebre “Rido”, che risuona nelle orecchie tra i presenti mentre abbandonano il Parco, splendido teatro naturale che ha riempito gli occhi dei presenti con la sua storia e le sue straordinarie bellezze, complice anche la splendida luna che li ha illuminati da lontano.
Bravissimi i giovani musicisti che hanno coadiuvato Elio con una professionalità e un senso del palco tipica degli artisti navigati, stravaganti al punto giusto da non sfigurare nei confronti del loro Maestro. Hanno suonato il pianoforte Seby Burgio, la batteria Martino Malacrida, basso e contrabbasso Pietro Martinelli, il sassofono era nelle mani di Sophia Tomelleri e il trombone in quelle di Giulio Tullio. Elio e la sua band erano vestiti magnificamente da Elisabetta Menziani, con i colori che si legavano alle proiezioni mostrate sul palco curati dal light designer Aldo Mantovani e dalla scenografa Lorenza Gioberti. Regia e drammaturgia sono state firmate da Giorgio Gallione, mentre gli arrangiamenti musicali sono stati curati da Paolo Silvestri.
Nino Gatti
di Redazione
23/07/2021 alle 11:03:37
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